Nel corso della ricerca continua di notizie sull’operato di Ferdinando Palasciano , il Dott. CITARELLA e i Soci collaboratori MATTONI e VALLETTA hanno reperito due conferenze tenute dal Palasciano presso la  Società Economica della Terra di Lavoro.ed un intervento al Parlamento Italiano  Di seguito i documenti delle conferenze tenute in data 30 maggio 1843 e 30 maggio 1844 e dell’intervento del 18 luglio 1867 :

Conferenza del 30 maggio 1843 su “Della Lacca Muffa  e dei suoi usi” :

 

Conferenza del 30 maggio 1844 su ” Della Mazza Soda e dei suoi usi”:

XX

 

Intervento al Parlamento del 18 luglio 1867 per scongiurare la chiusura degli Ospedali Fatebenefratelli di Firenze e Napoli:

 

Premessa

Il Regno di Sardegna (1720-1861) promulgò, il 29 Maggio 1855, la  legge n°878 che abrogava il riconoscimento civile a molti ordini religiosi e ne incamerava i beni. In precedenza il Granducato di Toscana, nel 1786, e la Francia, nel 1808, avevano promulgato leggi aventi la stessa finalità nei confronti degli ordini religiosi; in particolare la Francia Napoleonica aveva esteso l’efficacia della legge a tutti i territori da essa controllati compresa l’Italia. Il 21 Agosto del 1862 il Governo dell’Italia da poco unificata promulgò la legge n° 794 che disponeva di togliere alla Cassa Ecclesiastica il possesso materiale dei beni incamerati e di trasferirlo al Demanio dello Stato. Nel 1866 l’Italia affrontò la III Guerra d’Indipendenza contro l’Austria che fu particolarmente dispendiosa. Ne derivò  una grave crisi finanziaria e lo Stato per ripianare il debito fu costretto ad incamerare i beni ecclesiastici. Con il regio decreto n°3036 del 7 Luglio 1866 e con la legge n°3848 del 15 Agosto 1867 furono  soppressi gli Ordini e le Corporazioni Religiose ed iniziò quel procedimento legislativo noto come Eversione dell’Asse Ecclesiastico cioè soppressione del patrimonio degli enti ecclesiastici. I beni degli enti religiosi furono sequestrati ed il potere economico della Chiesa Cattolica fu abbattuto. Il Governo sperava però di convincere la Chiesa a convertire i beni immobili in beni liquidi cioè in titoli di Stato e, per invogliare i religiosi a compiere questa operazione, pensò di edulcorare la legge già  promulgata che fu perciò chiamata “liquidazione dell’asse ecclesiastico”. Il tentativo non riuscì perchè le confische accentuarono il dissidio politico con la Santa Sede che era già iniziato con la “questione romana”(1) e sarebbe stato ricomposto solo nel 1929 con la firma dei Patti Lateranensi. Per compensare in qualche modo la  liquidazione dei beni immobili che la Chiesa Cattolica aveva subito a partire dal 1810 (con le leggi napoleoniche) e fino a tutto il 1871, il Regno  d’Italia si impegnò a “stipendiare” con la “congrua” i presbiteri  titolari di un beneficio ecclesiastico. Dopo la conquista  di Roma il primo ministro Giovanni Lanza (2) estese l’esproprio dei beni ecclesiastici anche ai territori appartenenti all’ex Stato  Pontificio e quindi anche a Roma nuova capitale del regno unitario.

Problematiche relative agli Ospedali Fatebenefratelli di Firenze e di Napoli

I fabbricati dei conventi incamerati dallo Stato furono venduti o concessi ai Comuni e alle Province. Per effetto di queste leggi il Governo diede disposizioni di procedere anche  alla chiusura degli Ospedali religiosi. Il provvedimento interessò, tra gli altri, gli Ospedali retti dall’Ordine dei Fatebenefratelli di Firenze (3) e di Napoli (4) Nell’Ottobre del 1866 si riunì  a Firenze il Congresso dell’Associazione Medica Italiana. Era il terzo Convegno, dopo quello di Milano e di Napoli, da quando l’Associazione era stata costituita  dopo l’Unità d’Italia. L’Avv. Ottavio Andreucci, letterato e scienziato fiorentino membro dell’Accademia delle Scienze, riportò sul quotidiano la  “Nazione” di Firenze del 29 Ottobre 1866 le sue considerazioni sul Congresso e riferì che i congressisti avevano deciso  di nominare speciali commissioni per visitare alcuni Stabilimenti Sanitari e di  Beneficenza della città di Firenze. I rapporti di queste visite dovevano essere  consegnati, dopo la conclusione del Congresso, per inserirli negli Atti che sarebbero stati successivamente pubblicati. Fu visitato per primo l’ Ospedale di S. Maria Nuova per il quale, a causa delle pessime  condizioni igieniche e sanitarie, fu richiesto il trasferimento in altra sede. L’ispezione nell’Ospedale   Fatebenefratelli non evidenziò disfunzioni ma era intanto arrivata la decisione del Governo di incamerarne le  rendite. La stessa disposizione fu data per l’Ospedale della Pace di Napoli, anche questo retto dai Fatebenefratelli, che all’epoca era ubicato in Via dei Tribunali. Ferdinando Palasciano, Deputato del Parlamento Italiano già dal 1865  e da poco eletto  Membro Ordinario del Consiglio Sanitario di Napoli, fece una petizione al Barone Ricasoli (5), Ministro dell’Interno e Presidente del Consiglio dei Ministri, affinchè la decisione, tra l’altro contestata anche dal  Comune di Napoli, fosse rivista.E’ stato un equivoco-chiedeva Palasciano scrivendo al Ministro– o invece l’incameramento delle rendite è stato veramente disposto dal Governo? Intanto- proseguiva– le rendite del Convento Spedale del Fatebene Fratelli di Firenze sono state sequestrate ed io non so se si vorrà considerare quell’Istituto  come Convento o come Spedale. Io so bene, che  un simile istituto è considerato come Ospedale, e che giustizia vorrebbe che fosse del pari riguardato quello di Napoli: anzi se debbo prestar fede ad assicurazioni formali ricevute per telegramma da Firenze, posso viver certo che questo atto di giustizia non ammette dubitazione”. Facendo riferimento a  quanto l’avv. Andreucci aveva pubblicato in più riprese su la “Nazione” cioè che il Municipio di Firenze aveva dichiarato laicale  l’Ospedale S. Giovanni di Dio  della città e non compreso quindi nella legge di incameramento delle corporazioni religiose soppresse, espose i motivi che dovevano “concorrere prepotentemente in favore di una decisione propizia all’uno e l’altro istituto” considerandoli quindi degli Istituti laici. A proposito dell’Ospedale di Firenze Palasciano  ricordò  quanto il Cav Andreucci aveva già dimostrato sulla stampa cioè:

1 Dal testamento di Simone Vespucci (il nobile fiorentino che con un sostanzioso lascito aveva reso possibile la fondazione dell’Ospedale n.d.r.) si evinceva l’origine puramente laicale  dell’Istituto

2 L’affidamento dell’opera ai PP. Ospitalieri di S. Giovanni di Dio non aveva cambiato  la laicità dell’opera perché, secondo la legge sulle Opere Pie, non cessavano di essere considerati laici quegli istituti che, avendone gli elementi costitutivi, venivano affidati a corporazioni monastiche regolari e secolari.

3 I Capitani del Bigallo (5) nel concedere l’uso e l’abitazione ai Padri si riservarono il diretto dominio sull’Ospedale per cui l’Istituto con il passare del tempo non aveva  subito alcuna alienazione.

4 Grazie all’opera dei Padri la rendita dell’Istituto che era esilissima si era elevata a L.176,000

Aggiungeva  poi che l’Ospedale aveva  40 letti e che in esso venivano  curati infermi di ogni malattia in modo migliore rispetto agli altri Ospedali di Firenze.

L’avv. Andreucci aveva intanto affrontato, da esperto, anche la questione di diritto. Affermava, infatti nei suoi articoli su la “Nazione”, che ”se l’Ordine dei Fatebenefratelli cade sotto la censura della legge di soppressione dei conventi, la perdita della personalità civile  e la conseguente invalidità dei loro voti di fronte alla legge  non sono circostanze che li rendono inabili a continuare il loro ministero. Per questo è conveniente mantenerli nelle loro attuali incombenze.”

Palasciano scrisse al riguardo che ”se laicale è stata la fondazione dell’Ospedale di Firenze, è stata principesca la fondazione dell’Ospedale di Napoli, fatta espressamente per essere utilizzato come Ospedale di S. Giovanni di Dio.” Nel 1586 infatti i Benefratelli  Arias e Soriano, reduci della battaglia di Lepanto ebbero da Don Giovanni d’Austria, testimone dell’abnegazione dell’Ordine in quella memorabile giornata, una somma di cinquemila ducati per fondare un Ospedale a Napoli. Per una tale fondazione la nipote di Ser Gianni Caracciolo donò la casa e la Chiesa. “Stando così le cose, scriveva  Palasciano, nella fondazione dell’Ospedale non vi è stata nessun cambiamento delle finalità per cui erano state fatte le donazioni, nessuna usurpazione, nessuno abuso governativo ma la più nobile delle origini cioè quella dell’abnegazione e della carità esercitata a Lepanto. E non parlo dei 30 mila ducati che il Benfratello Avignale di Napoli elargì prendendoli dal suo patrimonio privato”. Quindi concludeva che “come si invoca per l’Ospedale di Firenze la legge delle opere pie può essere invocata anche per l’Ospedale di Napoli essendo l’ordine uno e la legge uguale per Firenze e per Napoli. Del resto dal 1586 nessun riserbo è stato fatto da chicchessia sul dominio diretto dell’Ospedale di Napoli. E’ stato sempre il patrimonio della pubblica carità di Napoli senza conflitti di dominatori diretti e indiretti…”. Inoltre, secondo quanto scrisse Palasciano l’Ospedale Fatebenefratelli di Napoli era dotato di 70 letti (invece dei 40 letti dell’Ospedale di Firenze) occupati soprattutto da malati affetti da patologie acute in misura maggiore di tutti gli altri Ospedali napoletani. L’Ospedale Fatebenefratelli aveva svolto quindi negli anni un servizio importante per la città preservandola dalla diffusione delle malattie contagiose  e preservando gli altri ospedali dalle conseguenze di malattie endemiche disastrose molto comuni negli Istituti dove si raccoglievano  indistintamente malati acuti e cronici e, soprattutto, quelli da sottoporre ad interventi chirurgici. “Cosicchè– proseguiva-  Palasciano tutto ciò che l’Avv. Andreucci ha detto per il mantenimento dello Spedale Benfratelli di Firenze è in tutto e per tutto applicabile a quello di Napoli. Ma io non potrò mai credere che sia venuto in mente del Governo di confiscare gli Ospedali che sono beni esclusivi dei poveri per ristaurare le finanze della Nazione verso cui sono obbligati tutt’indistintamente  i cittadini”.

Amara Conclusione della vicenda

In data 22 Gennaio 1867 Palasciano ricevette la comunicazione  n°1269 dal Prefetto di Napoli. ” Per superiore incarico il sottoscritto reca a conoscenza della S.V. che il Ministero di Grazia e Giustizia e dei Culti ha ordinato la sospensione, sino a nuovo avviso, della presa di possesso della Casa dei Fatebene Fratelli, sotto il titolo di Santa Maria della Pace in Napoli dichiarando però di non potersi arrendere alle premure di questa Deputazione Provinciale  se, nel più breve tempo possibile, non gli vengono prodotti i titoli e documenti necessari per comprovare l’assunto, cioè che sia considerata la ridetta Casa dei Fatebene Fratelli come avente carattere di Opera Pia separata dalla Casa religiosa e quindi esente da soppressione. Delle quali superiori risoluzioni il sottoscritto ha già informato la Deputazione Provinciale soggiungendole avere il prefato Dicastero dichiarato, altresì, che qualora si indugiasse a procurargli  le prove di cui sopra esso si troverebbe suo malgrado costretto a provvedere al pieno eseguimento della Legge 7 Luglio 1866”. La reazione di Palasciano fu durissima. Egli scrisse  che il risultato ottenuto dalla sua petizione certamente non poteva soddisfarlo. Sosteneva che le argomentazioni del  Ministero di Grazia e Giustizia e dei Culti  erano arbitrarie e cavillose e  non affatto autorizzate dalla Legge del 7 Luglio 1866.  Nelle sue Memorie si legge  che, nonostante tutte le assicurazioni ricevute  dal Ministero e dalla Commissione Legislativa per la legge sulla liquidazione dell’asse ecclesiastico e, malgrado il disposto preciso della legge sulla soppressione, si diede inizio il  20 Settembre del 1867 all’opera di espoliazione  dell’Ospedale Maschile di Malattie Acute dei Fatebenefratelli  sotto il titolo della Pace in Napoli. Si iniziò ad eliminare quanto di funzionale vi era in quell’Ospedale. Faceva riferimento alle grandi opere che erano state realizzate e che i presenti alla solenne inaugurazione della Sala delle Degenze dell’Ospedale della Pace, avvenuta il giorno 8 Settembre 1864, ebbero modo di ammirare. Nelle  Memorie è riportata la descrizione di questa Sala. “Vi è un  sistema naturale di ventilazione che dà alla rinnovazione dell’aria pura in detta sala, supremo modo e attivissimo a constatare gli effetti nocivi dell’aria impura e malefica: sistema di ventilazione potrei dire perfetto, giacchè si consideri nel fatto pratico, che cioè nell’atmosfera di questa Sala l’odorato più dilicato non riconosce alcun odore incomodo, sicchè scientificamente si voglia approfondire qual mezzo igienico opportuno per distruggere qualunque fomite di infezione. Questo sistema di ventilazione è qui naturalmente stabilito primamente colla elevata disposizione delle finestre ben spaziose corrispondenti da oriente ad occidente le une in faccia alle altre, divise in due ordini, e le quali tutte con facile modo di accedervi possono essere aperte e chiuse a volontà, senza che il vento, che per esse alcune volte penetra, offender potesse gl’infermi sottoposti, essendo questi riparati dal suolo di tavole dell’interno balcone, che, come dissi costituisce il cielo dei loro letti. Questo ordinamento avvenne nel rinnovamento della Sala colla costruzione del lungo balcone interno che dà libero passaggio agl’inservienti, i quali prima per chiudere ed aprire le impannate dei finestroni si servivano di lunghe corde le quali, oltre alle molte difficoltà producevano rumori assai incomodi agl’infermi – Valgono poi allo stesso scopo e quei due larghi finestroni dello estremo settentrionale della Sala, divisi in due compartimenti, dei quali l’inferiore scendendo a livello del pavimento consiste in un certo tal quale lavoro di marmo da lasciare penetrarvi liberamente l’aria esteriore; e le tre porte d’ingresso lungh’esso il lato occidentale della sala in corrispondenza dei due grandi atrii. Per tutti questi vani che si aprono e si chiudono a volontà secondo le varie ore del giorno, dandosi libera ed ampia circolazione dell’aria atmosferica con quella interna, viensi a stabilire una potentissima corrente della medesima nel senso del più grande diametro, non solo capace di rinfrescare temperando l’atmosfera interna, ma depurandola da qualsiasi gas mefitico. Primamente infatti contribuisce come mezzo di ventilazione comune a fare uscire fuori delle alte finestre immediatamente quei gas, di che trovasi impregnati i vapori acquosi dirigentisi nelle zone  superiori della interna aria della  Sala. E poi vale a distruggere in  certo modo  i cennati fomiti di infezione. Dappoichè l’azione diretta dell’aria esterna purissima colla sua potente corrente si spiega attivamente su tutti gli oggetti esistenti nello interno della Sala, letti, utensili  ed altro serviente agl’infermi acuti febbrili, oggetti tutti che possono ritenere i miasmi e mercè essa azione vengono ad essere distrutti quasi come un’opera di sciorinamento. Negli Ospedali di malattie acute febbrili ho osservato che gli effluvi clorici adoperati per depurare l’aria e come disinfettanti degli oggetti fomiti d’infezione, riescono nocivi aggravando le condizioni bronchiali  e dei nervi,  irritazioni, di che la maggior parte degli infermi è affetta. Ippocrate chiamava l’aria pura l’alimento della vita; negli Ospedali cennati essa per la massa degli infermi è il medicamento per eccellenza.”

Sala delle Degenze nell’Ospedale della Pace di Napoli

 

Questo scritto evidenzia l’ammirazione di Palasciano per l’opera  realizzata dai Benefratelli ma anche la grande delusione per non essere riuscito a fermare la spoliazione dell’Ospedale della Pace, nonostante che Egli il 18 Luglio 1867 come  Deputato del Parlamento Italiano,  in occasione della discussione del Progetto di legge per la Liquidazione dell’asse ecclesiastico, avesse  manifestato  il suo dissenso motivandolo, come si legge negli Atti Parlamentari, con argomentazioni varie. Questo è il testo   del suo intervento :

“………Aderisco interamente alle vedute del Ministero e ringrazio il Presidente del Consiglio della sua gentilezza; ma la mia aggiunta aveva in mira di impedire che gli enti morali e le opere pie avessero potuto esser mutilati come pare che speri la Commissione. La Commissione dichiara che da un ente morale opera pia, poniamo per esempio un ospedale, si possa sopprimere la parte che riguarda il culto e si potesse poi pretendere che l’ospedale vivesse, meno la quantità di alimenti che gli veniva dalle rendite sottratte…

Quando ad un’opera pia avete tolto la parte che riguarda il culto, rimane con una rendita diminuita; e siccome questa spesa per le opere pie, specialmente ospedali, si riduce agli infermieri, al cuoco, al direttore dell’amministrazione, al salassatore, al barbiere, a tutto ciò insomma che riguarda l’assistenza, allora, soppressa questa parte, naturalmente lo Stato viene in possesso di tutto ciò che riguardava la rendita destinata agli uomini che disimpegnavano queste funzioni, e quindi l’opera pia per potersi mantenere ha bisogno di una sovvenzione che dovrebbero dare i comuni. S’intende che io voglio parlare dei Fate bene fratelli.

Quest’istituzione consiste in una parte che appartiene al culto, e che nel medesimo tempo esercita l’amministrazione, la farmacia ed il basso servizio. Se sopprimete questa parte, dovete pensare a rimpiazzarla. La Camera ed il Paese sono ben padroni di volere questa soppressione, ed io mi sottoscriverei volentieri perché la soppressione avesse luogo fin da domani, ma desidero però che l’opera pia superstite rimanga incolume dagli effetti della soppressione. Un ente morale non si può amputare, non si può sopprimere per metà. Detto questo, ho finito di abusare del tempo della Camera “

Note

(1) Questione Romana: E. un’espressione utilizzata dagli storici per definire la controversia che fu dibattuta durante il Risorgimento per quanto riguardava  il ruolo  di Roma, sede del potere temporale del Papa e nello stesso  tempo capitale d’Italia.

(2) Giovanni Lanza: (Casale Monferrato 15 Febbraio 1810-Roma 9 Marzo1882). Fu un politico italiano. Presidente del Consiglio dei Ministri dal 1869 al 1873. Deputato al Parlamento dalla sua costituzione  e  fino alla sua morte. Durante il suo Governo vi fu l’apertura della Breccia di Porta Pia.

(3) Ospedale Fatebenefratelli di Firenze: Antico Ospedale  del Centro di Firenze in Borgo Ognissanti. Oggi gran parte della struttura ospedaliera  è stata spostata in Zona “Torre Galli” dove sorge il Nuovo Ospedale di S. Giovanni di Dio. Nel 1382 Simone di Pietro Vespucci appartenente alla ricca ed influente famiglia, da cui discese anche il navigatore Amerigo Vespucci, fondò un Ospedale dedicato a Santa Maria dell’Umiltà, Madonna molto cara ai fiorentini. Con il suo testamento  del 12 Luglio 1440, Simone Vespucci affidò la conduzione dell’Ospedale alla Confraternita di S. Maria del Bigallo. Il 4 Febbraio 1587 il Granduca Ferdinando I concesse l’utilizzo dei locali all’Ordine Ospedaliero di S. Giovanni di Dio. I frati si dedicarono al soccorso degli abitanti del quartiere , soprattutto dei poveri. Per effetto della soppressione delle corporazioni religiose l’Ospedale fu subordinato a quello di Santa Maria Nuova. Dopo la restituzione dei beni al Convento, l’istituzione  ospedaliera nel 1857 fu eretta a ente morale. Nel 1866 fu soppressa la gestione dei Frati. I religiosi, pur rimanendo all’interno dell’istituzione come medici o infermieri, dovettero cedere l’Amministrazione ad un’apposita commissione che, ai primi del XX secolo, fu sostituita da un Consiglio di Amministrazione. Oggi l’attività ospedaliera continua nel nuovo Ospedale S. Giovanni di Dio a  Torre Galli. Trattasi di un moderno Ospedale con oltre 300 posti letti. Il vecchio Ospedale in Borgo Ognissanti continua però  ad espletare alcuni servizi sanitari.

(4) Ospedale Fatebenefratelli di Napoli: Nel 1587  fu fondato dai Frati Ospedalieri di S. Giovanni di Dio ed ubicato  in Via Tribunali nel palazzo che essi avevano acquistato dalla Famiglia Caracciolo. Era conosciuto come Ospedale della Pace. I Fatebenefratelli dopo la morte del loro fondatore S. Giovanni di Dio avevano formato vari gruppi privi però di una vera e propria organizzazione. A partire dal 1572 divennero   una vera e propria  comunità religiosa  facendo propria  la Regola di Sant’Agostino che stabiliva i  voti di povertà, castità, obbedienza ed assistenza agli infermi. Nel 1656 la loro presenza a Napoli risultò determinante per fronteggiare l’epidemia di peste abbattutasi sulla città. Nel 1853 i Fatebenefratelli caldeggiarono l’istituzione di una scuola teorico-pratica per medici, chirurghi e farmacisti e nel 1854 destinarono all’assistenza dei malati affetti da colera una piccola casa di loro proprietà a Capodimonte che fu chiamato Ospedale della Pacella. Nel 1867 i Religiosi subirono la confisca dei beni da parte dello Stato, ma proseguirono indefessi l’attività assistenziale. Nel 1936 acquistarono l’ex Collegio di via Manzoni, dove nel 1937 inaugurarono l’Ospedale tutt’oggi attivo, intitolandolo alla Madonna del Buon Consiglio.

(5) Bettino Ricasoli: Soprannominato il Barone di Ferro (Firenze 9 Marzo 1809-Castello di Brolio 23 Ottobre1880) fu un politico italiano, Sindaco di Firenze e secondo Presidente del Consiglio del Regno d’Italia dopo Cavour.

(6) Compagnia del Bigallo: Conosciuta anche come Confraternita del Bigallo era un’Associazione religiosa composta da laici, fondata a Firenze nel 1244 dall’inquisitore domenicano Fra Pietro da Verona allo scopo di costituire una “milizia della fede” per sradicare l’eresia dei Catari. Dal 1425 al 1489 si unì alla Compagnia della Misericordia da cui ereditò l’edificio prospiciente il Duomo di Firenze con la loggetta che ne prese il nome.