Ferdinando Antonio Palasciano nacque a Capua ( oggi provincia di Caserta ma al tempo Capoluogo di Provincia  ) il 13 giugno 1815 in via S.Michele a Corte da Pietro, originario di Monopoli ( BA ) trasferitosi a Capua per lavoro in quanto era Segretario  Comunale, e Raffaella Di Cecio originaria di Capua .


La vita scolastica del Palasciano non è ben conosciuta, ma fu sicuramente brillante, tanto che, compiuti i primi studi presso il Seminario di Capua, all’età di 25 anni aveva già conseguito tre lauree: la prima in Belle Lettere e Filosofia, la seconda in Veterinaria e la terza in Medicina e Chirurgia conferitagli il 27 giugno 1840.

Da giovane medico servì militarmente i Borboni rimanendo nell’esercito borbonico fino al 1849. L’esperienza vissuta quale Ufficiale medico contribuì naturalmente a formarlo sia professionalmente che sotto il profilo umano.

Infatti dapprima si interessò ai problemi di igiene dei soldati, risale 1l 1846 la “ Guida medica del soldato “ scritta dal Palasciano, ma soprattutto maturò un’esperienza impareggiabile sulle patologie traumatiche e da armi da fuoco, divenne, come si direbbe oggi, un “ chirurgo di guerra “.

I quegli anni l’Italia era attraversata da moti rivoltosi tendenti all’unità della patria; anche i cittadini del Regno delle due Sicilie parteciparono a tali moti, tanto che re Ferdinando II di Borbone per reprimere la rivolta del 1848 nella città di Messina fu costretto a farla bombardare,meritandosi l’appellativo di “ Re Bomba “, dal generale Filangieri che ne ottenne la resa dopo ben quattro giorni di bombardamenti. I violenti scontri che si ebbero tra gli uomini del Filangieri ed i rivoltosi, lasciarono numerosi feriti sul campo di battaglia, allora il generale, costretto dalla penuria dei mezzi e dall’elevato numero di vittime, ordinò che fossero curati solo i soldati Borbonici e lasciati al proprio destino i feriti “ nemici “.

Il Palasciano, però, non seppe tener fede al giuramento d’Ippocrate e curò con la stessa scienza e coscienza sia i feriti borbonici che i rivoltosi ed anche i numerosi civili vittime della feroce ed indiscriminata repressione.

Tale disobbedienza non restò impunita, infatti il generale Filangieri lo portò davanti al Tribunale  di Guerra “ ….. perché si fece spontaneo custode della vita dei feriti delle fila nemiche …..” ed egli si difese dicendo “…..la mia missione di medico è troppo più sacra del dovere del soldato …..” e sottolineò come “…..la vita dei feriti di guerra fosse sacra e che essi dovessero essere considerati neutrali…..” Era nata l’idea della neutralità e dell’intoccabilità dei feriti, in pratica l’idea della Croce Rossa.

La vicenda comunque si concluse con la condanna alla pena capitale che però il Re Ferdinando, più per motivi politici che per i meriti scientifici del Palasciano, commutò in un anno di reclusione  ed ironizzando sulla bassa statura del medico disse “…..che male volete che egli faccia ; chilo è così piccirillo”.

Dopo la scarcerazione si interessò ancora ai problemi di sanità militare lottando con energia affinché  venisse riconosciuta la neutralità dei feriti di guerra. Caduta la monarchia borbonica, Palasciano potè esporre liberamente le sue idee e, in occasione del Congresso Internazionale dell’Accademia Pontaniana svoltasi a Napoli nell’aprile del 1861, affermò: “ Bisognerebbe che tutte le potenze belligeranti, nella Dichiarazione di Guerra, riconoscessero reciprocamente il principio di neutralità dei combattenti feriti per tutto il tempo della loro cura e che adottassero rispettivamente quello dell’aumento illimitato del personale sanitario durante tutto il tempo della guerra “.

Con questo discorso che ebbe una vasta eco in tutto l’Europa e che, tre anni più tardi, sarà alla base delle Convenzione di Ginevra, Palasciano proclamò per la prima volta, uno e forse il più importante dei principi fondamentali della Croce Rossa di cui egli è giustamente ritenuto il precursore. Palasciano fu anche chirurgo famoso in Italia ed in Europa. Eseguì migliaia di interventi e di questi molti con tecnica personale altamente innovativa. Fu ripetutamente chiamato per consulti in Italia e all’estero e molti malati venivano a Napoli per farsi operare da lui e molti medici frequentavano la sua sala operatoria per apprenderne la tecnica.

Fu fondatore, insieme al Prof. Loreta di Bologna e Bottini di Milano, nell’anno 1883, della Società Italiana di Chirurgia dell’Università di Napoli, incarico da cui si dimise per protesta contro le autorità dell’epoca che, senza consultarne i Direttori, trasferì alcune Cliniche nel vecchio convento di Gesù e Maria  trasformato in Ospedale senza tenerne in giusto conto le condizioni igieniche. Significativa è la  lettera  che Ferdinando Palasciano indirizza ad un collega in cui ricorda le circostanze che lo condussero a rassegnare le dimissioni.  Non meno interessante è la  lettera  che il Palasciano invia ad un amico Senatore per ribadire il suo pensiero in merito alla realizzazione di un nuovo policlinico a Roma .

Fu chiamato a consulto poi da Garibaldi per curare la sua ferita da arma da fuoco al malleolo mediale dell’arto inferiore destro subita durante un combattimento sull’Aspromonte. Palasciano consigliò ai medici curanti di Garibaldi di intervenire chirurgicamente per estrarre il proiettile ritenuto nell’osso ma non fu ascoltato perché quelli sostenevano che non vi fosse più ritenzione di proiettile. Se ne convinsero solo dopo alcuni mesi. Tra Palasciano e Garibaldi rimase però una profonda amicizia testimoniata da una corrispondenza epistolare da poco scoperta e conservata al Museo S.Martino di Napoli.

Fu inoltre Deputato al Parlamento nella X, XI  e XII legislatura, Senatore del Regno, Consigliere ed Assessore al Comune di Napoli.  In tale veste fu determinante l’impegno che profuse affinché il Comune deliberasse  sulla proposta, da lui presentata, di istituire una Casa di Maternità nell’Annunziata di Napoli.

In vita però tra tanti onori, riconoscimenti nazionali ed internazionali per la sua attività di chirurgo, per il suo patriottismo e pèr la sua umanità, ebbe anche dei torti. Infatti il governo  italiano, invitato da quello svizzero a nominare un delegato che lo rappresentasse in occasione dell’assemblea costitutiva della Croce Rossa, fece il nome del Dott. Baroffio e del Capitano Cottrau anziché quello del Palasciano che tanto aveva dato perché quell’idea fosse realizzata. Ancora una volta Palasciano fu dimenticato. E’ giusto, a questo proposito, ricordare quanto fu sritto da Francesco Garofano Venosta, illustre storico della Medicina e profondo conoscitore del Palasciano, : “ La cronaca, la semplice cronaca della vita di Ferdinando Palasciano è più eloquente di ogni altra cosa . Ragguardare le date, raffigurare gli eventi, specie se posti al lume del periodo storico nel quale si svolsero, significa anche spiegarsi tanti motivi: la mollezza di un’epoca cadente ( quella borbonica ), l’inesperienza di un’Italia troppo giovane, la mancanza di uomini politici che potessero farsi valere in campo internazionale. Ma colpa non ne facciamo  a nessuno. La storia, questa giustiziera senza incertezze, questa dea implacabile ed inesorabile saprà, in uno con gli uomini di oggi, essere la giusta vindice di Ferdinando Palasciano “.

Amorevolmente assistito da pochi amici e dalla moglie Olga de Wavilow, una nobile di origine russa, Ferdinando Palasciano morì a Napoli il 28 novembre del 1891 e fu sepolto nel recinto degli uomini illustri del cimitero di Poggioreale.


Il 30 giugno 1895 alla presenza di rappresentanti dello Stato e del Senato Accademico dell’Università di Napoli, fu inaugurato un monumento in marmo dei Pirenei che lo raffigurano seduto su una poltrona mentre legge un libro; l’opera, voluta dalla moglie sempre fedele alla sua memoria, è opera degli scultori Onofrio Buccini e Tommaso Solari. Nel quartiere di Capodimonte  Napoli si può ancora osservare la sua casa costruita dai migliori  architetti  dell’epoca e nota  come “Torre di Palasciano”